Successo della terza edizione di "Identità Golose" a Milano

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identitagolose.gif La cucina italiana o, sarebbe meglio dire viste le sue differenze, la cucina regionale italiana si è soliti differenziarla in due categorie: quella “tradizionale” dove i piatti rimarcano lo stile di un tempo e quella “innovativa” dove la specialità che arriva in tavola è il frutto della fantasia dello “chef”. In Italia quest’ultima tendenza ha fatto passi da gigante in questi anni proprio sull’onda della riscoperta del mangiare all’italiana. Avversario storico, come per i vini, è la Francia e, indubbiamente, pur con le sue differenze la nostra cucina ha sorpassato spesso – come indice di gradimento – quella d’Oltralpe.
Ma gli “chef” francesi rimangono comunque più organizzati rispetto ai nostri come ha fatto rilevare, recentemente, su “Il Giornale” Paolo Marchi che alla domenica firma la bella pagina intitolata “Cibi Divini”. Rispetto alla differenziazione “tradizionale” e “innovativa” a margine della terza edizione di “Identità Golose” il congresso internazionale dell’alta ristorazione svoltasi a fine gennaio al palazzo della Borsa a Milano e da lui organizzato, Marchi esce con un’affermazione significativa: “Non esiste un piatto che sia nato in un modo e che non sia cambiato nel tempo. Noi pensiamo che una cotoletta alla milanese o il risotto giallo siano sempre loro ma non è affatto vero”. Come per dire, lasciamo fare agli “chef” e alla loro creatività.

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“Identità Golose” che anche quest’anno ha visto convergere un grande pubblico compreso quello dei giornalisti del settore, ha riproposto un’importante carrellata di cuochi a livello internazionale dal celebre spagnolo Ferran Adria’ de “El Bulli” che firma interpretazioni “estreme” di certi piatti agli italiani, Carlo Cracco del “Peck di Milano che continua a mietere grandi successi (lavorava , anni fa, a “Le Clivie” di Piobesi d’Alba, nel cuneese), Paolo Lepore de “Il Canto” di Siena cui sono aggiunti – novità assoluta di questa edizione – gli “chef” dei paesi scandinavi che si affacciano anche loro alla ribalta della ristorazione. Sul palcoscenico della grande sala al piano terreno di palazzo “Mezzanotte” – quello, appunto, della Borsa – i grandi cuochi si sono alternati per spiegare come preparano alcuni loro piatti. Alcuni erano già conosciuti, altri come Giovanni Spegis della “Gardenia” di Caluso ha spiegato, ad esempio, come si preparano i risotti nelle forme di parmigiano reggiano mentre Carlo Cracco ha intrattenuto i presenti con la sua cucina hightech.

Molto apprezzato l’altrettanto famoso Ciccio Sultano di Ragusa e i suoi piatti a base di pesce e, dulcis in fundo, ha destato molto interesse anche il norvegese Eyvind Hellstrom che nel suo ristorante ad Oslo cucina l’ultima novità della cucina del pesce e cioè il Granchio Reale Rosso Norvegese, un’esemplare gustosissimo che arriva a pesare anche fino a 7 chili e popola i mari molto freddi del nord-Europa. In Italia questa specialità è già stata “importata” da alcuni chef tra i quali Maurizio Signorini del ristorante “Azzurra” di Riccione che propone un Granchio Reale acquistato in Alaska. “Indubbiamente una manifestazione di questo tipo è importante proprio perché è centrata sull’alta ristorazione che conta su molti appassionati – commentano, ad esempio, gli “chef” albesi Cesare Giaccone de “I Cacciatori” di Albaretto Torre e Tonino Verro de “La Contea” di Neive – ed è un segmento in continua evoluzione e frutto di molto estro tra coloro che lavorano ai fornelli”. Anche se per entrambi la tradizione resta un caposaldo importante.

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Hanno fatto da cornice alla manifestazione i prodotti tipici presentati da alcune regioni tra cui la Campania e la Lombardia oltre al consorzio “Gusti da Favola” che raggruppa 12 produttori, tra cui anche piemontesi, di cose buone. Di quelle piemontesi citiamo i nocciolini e torcetti della “Dolci Bonfante” di Chivasso, vicino a Torino, le varietà storiche del riso della “Cascina Veneria” di Lignana nel vercellese, le barbere e i sauvignon della “Colle Manora” di Quargnento in provincia di Alessandria, i formaggi della “Guffanti” di Arona e i peperoncini farciti e la bagna caoda de “Il Mongetto” di Vignale Monferrato.


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