un agnellone intero, da 25-30 chili, uno-due chili di sugna, mazzetto di salvia, rosmarino
la cottura assomiglia a quella dell'agnello "a cotturo" della tradizione di transumanza, eseguita nel paiolo di rame. l'agnello (o pecora, o castrato), tagliato a pezzi, viene aggiunto di grasso (servirà per la conservazione) e cuoce nel paiolo a fuoco lentissimo, di legna, per cinque o sei ore, fino a diventare tenero. viene mangiato in famiglia e in comunità in tutte le occasioni di festa (un tempo prendendo i pezzi caldi direttamente dal paiolo), accompagnando con ricotta affumicata (oggi con formaggio parmigiano grattuggiato) e polenta. le parti restanti vengono salate e conservate sotto grasso per esser mangiate successivamente, a "merenda", a temperatura ambiente, accompagnate da patate lesse.
è una tradizione, nella sua specialità , limitata alle valli di corteno golgi, in alta val camonica, dove storicamente si è sviluppata una razza di ovini locale, di taglia piccola, "cortenese", che sta lentamente degenerando in quanto si incrocia con maschi di razza bergamasca, di stazza più forte. è pietanza originata probabilmente tra il 750 e il 1000, in epoca di occupazione del passo alpino da parte di genti ungare e saracene, ma pare che entri nell'uso corrente solo alla fine dell'ottocento, per iniziativa di emigrati albanesi. di fatto, per la popolazione locale, è ancora il piatto della festa di famiglia. l'etimologia risalirebbe a "huz" (ungherese), o a "cutsch" o "hus" (slavo), col significato di carne condita.
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